giovedì 10 maggio 2007

STRAGI DEL SABATO SERA E POLITICA di Bruno Marchi

Pubblicato su FasanForum


Le stragi di giovani che si consumano il sabato sera e la politica italiana, quale legame potranno mai avere? Non mi riferirò a considerazioni relative ai tentativi, o alle inadempienze, delle istituzioni, finalizzate a limitare o, meglio, evitare questa tragedia. Nemmeno alle campagne di sensibilizzazione che invitano, soprattutto i giovani, alla prudenza sulla strada e neanche alla educazione stradale che, in un modo o nell’altro, nelle scuole si propone. Le mie considerazioni riguardano il rapporto culturale e generazionale tra i giovani e i tanti politici anziani che affollano i banchi delle istituzioni repubblicane.

Occorre una premessa. Il comportamento di rischio (nel senso di correre il rischio) è tipicamente adolescenziale. Per molti ragazzi e ragazze, i cambiamenti psichici e corporei, caratteristici dell’età, sono interiormente e, spesso, inconsapevolmente vissuti con un senso di frammentazione emotiva. Certo, questa frammentazione, più vicina alle culture occidentali, è temporanea ed è finalizzata ad un successivo passaggio verso una unitarietà, verso una ricomposizione, si può anche dire, della personalità che darà luogo, soprattutto, ad una “nuova” identità, quella adulta. In questo frangente della vita, che tutti attraversano, la tempestosità e gli impeti, siano essi ideali o agiti, diventano il luogo entro il quale l’adolescente si muove alla ricerca di una identità e interezza. Da qui, in assenza di punti di riferimento forti, che diano senso e contengano il “Sé” frammentato, la quasi necessità di assumere stili di vita (dalla droga all’alta velocità) che facciano sentire vivi e interi. Evidentemente, tale processo oggi è massicciamente influenzato dalle sollecitazioni culturali che impongono modelli comportamentali spesso anticipatari rispetto alla reale evoluzione psichica, fisica e sociale, per cui sempre più frequentemente si osservano, in dodicenni o tredicenni, comportamenti che, magari qualche anno fa, appartenevano più a ragazzi e ragazze più avanti con gli anni. A ciò concorrono, rispetto al passato, una serie di fattori quali le maggiori stimolazioni che i bambini ricevono o una migliore alimentazione, per cui il sistema nervoso, nella sua plasticità, all’apparenza sembra crescere un po’ più in fretta.

D’altro canto, la dimensione adolescenziale - non più fisica, evidentemente, bensì soprattutto sociale e, in più di un caso, psichica - si prolunga fino ai venticinque anni e oltre, per arrivare, non è raro, alla soglia dei trenta. Ciò è determinato, soprattutto, da fattori economici e sociali che provocano una dipendenza oggettiva dal nucleo familiare e una altrettanto oggettiva difficoltà a lasciare il nido. Da qui la “novità” di ritrovarsi tra le lamiere delle auto carbonizzate giovani/adolescenti tra i venti e i trenta anni di età.

Tra i fattori di “ritardo evolutivo” aggiungerei, quasi fosse una postilla e venendo al dunque di questo contributo, lo spostamento in avanti dell’età dei politici italiani e la loro inamovibilità dagli incarichi istituzionali che, oltre a impedire l’affermarsi dei quarantenni e dei cinquantenni, che senz’altro apporterebbe una boccata d’aria fresca, inavvertitamente lanciano ai più giovani un messaggio piuttosto chiaro di cristallizzazione di segno contrario a quello di un fisiologico e salutare avvicendamento generazionale. Ciò non solo sul piano istituzionale e politico, ma anche su quello culturale ed economico nonché, più in generale, antropologico. Insomma, questa abbondanza di “nonni”, che fa piacere vedere ancora attivi e non esclusi dai momenti forti della vita (basti pensare al senatore a vita Andreotti che, a quasi novanta anni, ha contribuito a causare l’ultima crisi di governo), a mio avviso determina un irrigidimento delle posizioni e fornisce una sorta di alibi, culturale e sociale, di una presunta eterna, immobile, giovinezza. Largo ai giovani, dunque? Sì, ma senza demagogia e includendo l’anziano con il suo contributo d’esperienza e saggezza.

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