giovedì 10 maggio 2007

IL PIANO DI RIORDINO OSPEDALIERO ISOLA IL PAZIENTE CON IL SUO MALE di Bruno Marchi

la Repubblica” del 6 marzo 2004


I tagli in Puglia sono contrari alla più moderna concezione della medicina intesa come counseling o ascolto del malato e l’approccio aziendale affossa la terapia

La dissennata scelta di chiudere gli ospedali, riducendoli a pallidi rappresentanti della qualità e dell’utilità sociale che hanno sempre rivestito, ignora completamente la dimensione umana che, in occasione della sofferenza dovuta a malattia, assurge a livelli sicuramente prioritari. Chi ha operato tali scelte, tagliando con l’accetta territori e competenze, è sen’altro totalmente ignorante circa alcuni aspetti che hanno a che fare con la persona (oltre che con i diritti) intesa nella sua globalità. Facciamo il caso di un ammalato che, costretto da questo piano di riordino ospedaliero, debba recarsi nel vicino Comune, magari a “soli” quindici chilometri, per farsi curare. Cosa vivrà oltre alla “fisiologica traumaticità” di un ricovero ospedaliero? Con ogni probabilità vivrà anche un senso di estraneità sociale, culturale ed ambientale. Ciò comporterà assoluti ritardi nel processo di guarigione che necessita, stante dimostrate ricerche scientifiche in merito, di adesione emotiva ed <> che però, a fronte di cotanta distanza fisica, scarseggeranno. L’ammalato potrebbe, pertanto, sentirsi ancora più solo, ancora più abbandonato alla sua patologia perché i parenti non potranno fargli visita con facilità, perché gli infermieri non parleranno il suo dialetto, perché attorno sentirà parlare di un paese che non è il suo, perché drammaticamente potrebbe vivere una specie di <>. Tale scenario (molto plausibile) è di segno contrario alla più moderna concezione della medicina intesa anche come “counseling” e “ascolto” del paziente. Si tratta di un processo, di per sé è già “terapeutico”, che viene demolito da un approccio di tipo aziendal alla salute, dove l’ammalato è solo una cifra residente su un territorio, tagliato fuori da certe logiche e penalizzato. Come potrà mai un paziente essere il protagonista di un percorso terapeutico, guidato dal medico, ovviamente, se costretto ad un territorio che non gli appartiene? Queste considerazioni fanno riferimento a quelle patologie che finora sono state curate presso gli ospedali locali e non certo a quelle che non potevano essere seguite (perché non c’erano reparti specialistici) e per le quali, comunque, ci si rivolgeva ad altri nosocomi. Oggi, nei Comuni penalizzati da questo piano di riordino, si è costretti ad “andar fuori” anche per una appendicite o per una frattura e, addirittura, per nascere.

Queste scelte, a scapito della salute dei cittadini, sono di segno contrario alle nuove concezioni in materia di gestione della sanità: assistenza domiciliare integrata, ospedalizzazione domiciliare, assistenza domiciliare sanitaria e day hospital. Chi le ha operate è probabile che non le conosca e questo sarebbe grave. Ma lo sarebbe ancor di più se le conoscesse. L’ignoranza gioca con la pelle (psichica e non solo) di quanti, già in situazione di difficoltà (altrimenti non andrebbero in ospedale), saranno costretti a vivere ulteriori difficoltà, derivanti dall’isolamento e dalla lontananza dal proprio ambiente culturale e sociale.

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