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A Bari gli affidamenti giudiziari riguardano il 75 per cento dei bimbi maltrattati, a Taranto il 93 contro una media nazionale del 58
Il recente annullamento della pubblicazione del Regolamento Regionale di attuazione della legge sui servizi sociali n. 17 del
La popolazione pugliese è demograficamente più giovane rispetto a quella nazionale. Nel 2001 l’ISTAT ha rilevato in Puglia oltre 1.300.000 famiglie. Delle circa 719.000 coppie con figli, più del 63% ha almeno un figlio minore (3 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale).
La legge 285 del 1997, avviò un processo di promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Già da allora la Puglia risultava essere la regione d’Italia più “a rischio”. Infatti, delle dodici “città polo”, individuate sull’intero territorio nazionale ed alle quali era stato destinato ben il 30% circa degli ingenti finanziamenti, le pugliesi erano tre: Bari, Brindisi e Taranto. Tuttora le cose non sono cambiate di molto.
Altro dato inquietante che segnala la gravità della condizione minorile in Puglia è la presenza di tre Tribunali per i Minorenni (Bari, Lecce e Taranto). Tanti, se si pensa che solo in Sicilia sono quattro e nelle altre regioni, praticamente, ce n’è solo uno o al massimo due.
Oggi aumentano i reati commessi da minorenni in Puglia. Infatti, la percentuale di minorenni denunciati è superiore di un punto rispetto a quella nazionale. Così come sono in aumento i maltrattamenti subiti da minorenni.
Le province maggiormente coinvolte sono quelle di Bari e Taranto i cui rispettivi Tribunali minorili hanno, nel 2001, decretato affidamenti giudiziali, soprattutto a comunità e istituti, in percentuale di molto maggiore a quella nazionale. Infatti Bari detiene il 75% degli affidamenti giudiziali e Taranto il 93%, contro il 58% del valore medio nazionale.
La situazione è, pertanto, drammatica ma, nonostante ciò, le comunità educative, gli istituti e i centri diurni, gestiti da enti religiosi o da cooperative, che accolgono minori, sono spesso messi in ginocchio dalla mancanza cronica di fondi dei comuni che dovrebbero erogare rette adeguate. Nonostante, a fronte di rette così basse vi siano le giuste disposizioni regionali di adeguamenti strutturali e di numero di operatori da impiegare a fianco dei bambini e ragazzi in difficoltà. Ma, con quali risorse operare? A volte a risentirne è la qualità della prestazione, a tutto danno degli assistiti.
Il problema, a mio avviso, risiede in una assente volontà culturale, e di rimando politica, di affrontare e risolvere la questione minorile, che da noi rischia di essere storicizzata al pari di quella meridionale.
Fino a quando l’asse culturale e politico non si sposterà verso il bambino e l’adolescente, assumendone la prospettiva evolutiva, ci si occuperà di loro solo in chiave scandalistica, come nel caso della pedofilia, e non per attivare concrete risorse economiche strutturali per affrontare il tema nella sua interezza.
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