giovedì 10 maggio 2007

LETTERA A OSSERVATORIO di Bruno Marchi

Lettera pubblicata sul mensile “Osservatorio” – Agosto 2006

Il dibattito sul futuro candidato sindaco del centrosinistra, alle prossime elezioni amministrative comunali, subisce una breve battuta d’arresto in attesa della ripresa di settembre, ma finora è stato piuttosto vivace e articolato, sia nelle sedi ufficiali di partito sia sulla stampa locale.

Come già in altre occasioni, la discussione pare focalizzata o, sarebbe meglio dire, cristallizzata sui nomi dei possibili candidati piuttosto che sul programma che gli stessi dovrebbero proporre all’elettorato. Per superare questo empasse è stata lanciata l’idea di una conferenza programmatica, da organizzare il prossimo autunno.

La conferenza programmatica dovrebbe, almeno si spera, scongiurare il rischio di pensare al candidato prima ancora di pensare al programma. Questo perchè sono i programmi e le valutazioni politiche a “disegnare” il profilo del candidato sindaco, il quale caratterizzerebbe la sua proposta con la sua personalità e provenienza politico-culturale. Se ne fosse individuato più di uno c’è sempre il prezioso strumento delle elezioni primarie.

Il discorso, quindi, non dovrebbe essere centrato sulle persone in quanto tali (quale candidato sindaco?), bensì su quanta unità il centrosinistra è in grado di garantire, al fine di ribaltare una situazione politica e amministrativa locale del tutto insoddisfacente e asfittica. La conferenza programmatica del centrosinistra e le eventuali primarie, alimenterebbero il confronto e la riflessione comune sulle cose da fare e sul come farle, neutralizzando le contrapposizioni personali e gli psicodrammi collettivi. Confronto e riflessione che esorcizzerebbero la sciagurata e suicida ipotesi, per il centrosinistra, di presentarsi all’appuntamento elettorale in ordine sparso.

A me sembra che una delle centralità del dibattito politico locale in corso riguardi il rapporto dei partiti con la comunità. Per questo, provo a fare un ragionamento

Mi chiedo: è certo che il partito sia ancora lo strumento più importante attraverso il quale raggiungere il governo di una città? Io penso di sì, pur tenendo in conto che i partiti diventano sempre più leggeri, cioè svuotati di presenze e partecipazione.

Storicamente, la frantumazione dei partiti - i quali, va ricordato, costruirono l’assetto repubblicano e costituzionale del Paese, uno tra i più solidi d’occidente - ha portato a costituzioni e ricostituzioni, non sempre riuscite, di formazioni politiche. La ricerca di nuove soggettività, in alcuni casi anche di nuove identità, politiche è tuttora in corso. Basti pensare al Partito Democratico o, sul fronte opposto, al partito del moderati o dei populisti. Le minacce alla Costituzione e alla democrazia, le sirene di Berlusconi e soci, la destabilizzazione e, infine un’economia mandata a rotoli, in questi ultimi cinque anni hanno rappresentato un serio pericolo per la nazione. In periferia, e a Fasano, non è che sia andata meglio.

Ma, dicevo prima, i partiti diventano sempre più leggeri e sempre meno frequentati, soprattutto dai giovani. Come porre rimedio? A mio avviso occorrerebbe realizzare rinnovate forme di dialogo con quanti, e sono tanti, rappresentano risorse professionali, imprenditoriali, intellettuali e morali, sia giovanili che adulte. Sollecitare al dialogo quei concittadini che paiono in uno stato di quiescenza rispetto alle faccende del “bene comune”, come addormentati ma, forse, in attesa di risveglio.

Che fare? L’idea è semplice e complessa allo stesso tempo: mettere insieme le forze (di partito e civiche, per intenderci), rifuggendo la contrapposizione tra politica, vissuta come professione, e società percepita come distante dalle cose del Palazzo.

La conferenza programmatica potrebbe essere il primo passo in questa direzione, cercando di realizzare a Fasano ciò che è stato fatto in tanti altri comuni d’Italia. L’esempio di Bari, con Emiliano, è a portata di mano, sebbene non sia l’unico. La pratica politica dovrebbe recuperare la dialettica finalizzata all’integrazione, per così dire, del “politico” e del “civico”. Virgoletto i termini perché politico e civico, in occasione delle elezioni amministrative comunali, sono comunque saldamente intrecciati, il punto è, dunque, quello di colmare la divaricazione tra i partiti e la società che, impossibile negarlo, in questi ultimi anni è aumentata.

Per concludere: confrontarsi per costruire un programma politico e amministrativo, attraverso lo strumento di una conferenza programmatica, ma non solo, organizzata da partiti e “società civile”, potrebbe essere un primo banco di prova. In seguito individuare un candidato sindaco attraverso lo strumento delle primarie, se necessario.

A volte le idee possono essere semplici anche se di complessa realizzazione, ma comportano, comunque, concentrazione e impegno. Lo sforzo, io penso, è soprattutto di natura culturale: l’unione è possibile se, per dirla con Schopenhauer, pensiamo che “il compito non è tanto quello di vedere ciò che nessuno ha finora visto, quanto quello di pensare ciò che nessuno ha ancora saputo pensare rispetto alle cose che sono sotto gli occhi di tutti”.

Bruno Marchi

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