giovedì 10 maggio 2007

INVIATO A "LA REPUBBLICA"

Inviato a “la Repubblica” il 15 aprile 2007 e non pubblicato

di Bruno Marchi

In tante città italiane, anche pugliesi, sono in aumento i comportamenti suicidari tra gli adolescenti, così come gli episodi che denunciano la loro aumentata fragilità, compresi gli atti del cosiddetto bullismo. Gli interrogativi e le, seppur parziali, risposte che si possono articolare sono tra i più vari. Molto è stato detto e molto si dirà, e ciò non assicura che contribuirà ad una riduzione del fenomeno. Eppure bisogna parlarne per occuparsene, bisogna comprendere per cambiare.

Il piano di riflessione, pertanto, non può che essere il punto di incontro tra aspetti sociali (per cui, anche economici e culturali) e psicologici (per cui, anche psicopatologici).

Pare si sia persa la capacità contenitiva e, in fondo, regolativa della crescita degli adolescenti: ecco, tra le tante, quale potrebbe essere una causa della fragilità emotiva dei nostri ragazzi.

Nel passato le istituzioni (lo Stato, la scuola, la famiglia e la Chiesa) erano salde nella loro proposta normativa. Erano ben sintonizzate tra loro nella proposta educativa, per cui l’adolescente che “deviava” dal percorso tracciato dagli adulti, poteva essere rimesso in carreggiata, a volte anche attraverso sanzioni. Non c’era discrasia tra un’istituzione e l’altra nel considerare la giustezza dell’eventuale provvedimento adottato. Qualche piccolo esempio. Quando le strade erano piene di bambini che giocavano al calcio, la grande paura, soprattutto del suo proprietario, era che si trovasse a passare un vigile, o un carabiniere, e sequestrasse il pallone, perché non si poteva giocare per strada, magari scattava anche una multa. Oppure, durante l’estate c’era la cosiddetta “controra”, cioè quella fascia pomeridiana della giornata nella quale non si poteva stare per strada a giocare e schiamazzare perché la maggior parte delle persone riposava. Anche qui i contravventori potevano essere sanzionati. Infine, il ragazzino mandato a bottega durante l’estate perché impegnasse il tempo ad imparare qualcosa di utile a volte era sgridato, ma non solo, dal maestro artigiano. Qualora si fosse recato dal padre a chiedere giustizia, nella maggior parte dei casi riceveva il resto perché il genitore incondizionatamente, di solito, dava ragione al maestro. E così nei confronti della scuola e di chi altri si occupava dei figli. Ovviamente questa non è un’apologia della sanzione, ciò che intendo dire riguarda la possibilità che tale atteggiamento da parte degli adulti offriva all’adolescente il disegno di una cornice, di alcuni limiti, che lo aiutavano ad orientarsi meglio nella realtà sociale che cominciava ad affrontare emotivamente più saldo, perché saldi erano i modelli di riferimento.. La solidarietà tra adulti, inoltre, consentiva ai bambini e agli adolescenti di introiettare modelli di comportamento sociale omogenei tra loro, in quanto i messaggi non erano contraddittori. Esistevano, comunque, anche le figure educative consolatorie e tolleranti (in genere le madri o altre donne della famiglia) che garantivano al bambino o al ragazzo la riparazione emotiva o l’elaborazione della frustrazione.

Oggi, invece, tra bulli e pupe televisive e reali, tra genitori che picchiano insegnanti per un cellulare, tra omofobie e sessualità spesso solo apparentemente ben definita, tra concorsi per fare la velina o per essere eletta miss di quartiere, il patto tra famiglia e realtà sociale si è frantumato. Ogni istituzione ha i suoi bei problemi ed in questo loro lento e inesorabile sfaldamento, per evitare il quale la soluzione pare essere quella di erigere muri ideologici o provvedimenti d’urgenza, agli ultimi posti viene relegato ciò che, probabilmente, alle ragazze e ai ragazzi servirebbe davvero: l’ascolto.

La mia sensazione è che ascoltiamo molto poco gli adolescenti, diamo alle loro esigenze emotive troppo poco spazio. Anche quando ciò dovrebbe essere una funzione istituzionale, accade che l’ascolto sia offerto in condizioni di fortuna (basti pensare alla sede del Tribunale per i Minorenni di Bari) o insufficienti (mi riferisco al fin troppo scarso numero di psicologi impegnati nelle scuole). Ascoltare davvero gli adolescenti significherebbe mettere in moto una dinamica di crescita non più legata ai modelli educativi del passato, che ormai e, in parte per fortuna, non ci sono più, bensì al diritto di ogni ragazzo di trovare una salda cornice affettiva di riferimento con la quale confrontarsi.

3 commenti:

Antonio Candeliere ha detto...

Purtroppo gli adolescenti sono sempre meno ascoltati, perchè gli adulti sono troppo impegnati con altre priorità...Si stava meglio quando si stava peggio diceva Socrate...

Anonimo ha detto...

SN UN ADOLESCENTE.. STO VIVENDO I MOMENTI +EMOZIONANTI DELLA MIA VITA, E DV DIRE GRAZIE AI MIEI GENITORI PER AVERMI CREATA, DV DIRE GRAZIE AI MIEI AMICI PER ESSEMI SEMPRE VICINI.. GRAZIE.. A TUTTI..

Anonimo ha detto...

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