giovedì 10 maggio 2007

SERVIZI SOCIALI DA RINNOVARE, LA POLITICA SI AFFIDI AI TECNICI di Bruno Marchi

la Repubblica” del 12 aprile 2005

La gestione degli interventi va messa nelle mani di professionisti che si siano formati sul campo

La speranza che ha attivato l’elezione di Nichi Vendola attraversa, come il dato elettorale dimostra, molti strati della cosiddetta società civile. Speranza, soprattutto, di una diversa qualità della politica e del rapporto con il territorio. Speranza che l’estremo bisogno di rinnovamento sia soddisfatto. Speranza, infine, che siano sovvertite alcune regole che la politica in Puglia, ma non solo, si è data.

In questa prospettiva una delle centralità, se è vero che esistono molti “centri” nelle questioni, è senz’altro quella sociale. Laddove il carattere di emergenzialità balza agli occhi ed agli onori delle cronache più o meno quotidianamente.

Nell'ultima legislatura del governo regionale di centrodestra, in Puglia, i diritti ad una vita dignitosa, alla salute, al benessere sociale, all'inclusione degli emarginati, alle pari opportunità nell’accesso al lavoro hanno avuto scarsa cittadinanza. A partire dalla scellerata gestione del riordino ospedaliero che, seppur necessario, non è stato programmato adeguatamente e non ha tenuto conto di una visione più umana del malato e della malattia, per finire al campo sociale, dove le cose non sono andate affatto meglio.

Dopo avere accumulato un criminoso ritardo di quattro anni, si sono visti i primi provvedimenti: il Piano Regionale delle Politiche Sociali ed i Regolamenti attuativi, approvati in via definitiva soltanto il mese scorso.

I Piani Sociali di Zona faranno arrivare risorse ai Comuni e quindi servizi sociali ai cittadini, alle famiglie, ai soggetti deboli, ma nel 2005! Cioè cinque anni dopo la riforma del settore, ad onta del fatto che la Puglia sia ultima, in Italia, per stanziamenti di risorse e per i servizi sociali: appena 15 milioni di euro l’anno, che non vengono incrementati per realizzare una rete diffusa di servizi essenziali in campo sociale.

Il Piano Regionale delle Politiche Sociali è nato sotto l’egida di una finta concertazione e partecipazione dei cittadini, delle famiglie, del terzo settore, tutti chiamati soltanto a ratificare scelte già fatte da altri: “esperti”, rispondenti alla ideologia che problemi di natura umana possano essere affrontati tecnicamente e con atteggiamento supino alla volontà del politico di turno. Persone che, nella maggior parte dei casi, dall’alto delle loro cattedre universitarie o della loro esperienza amministrativa, pur essendo “bravi”, quasi mai hanno guardato negli occhi un tossicodipendente o aiutato un anziano a lavarsi e vestirsi, quasi mai hanno accolto un bambino o hanno parlato con un immigrato. Cose che, invece, quotidianamente, fanno gli operatori sociali, pubblici e privati.

Eppure, questi operatori, non hanno avuto la possibilità di dar voce al bisogno, all’essenza della sofferenza e del disagio. Di dispiegare, nel dialogo, le problematiche e di proporre ipotesi di soluzione. Di progettare il futuro per i tossici, i bambini abbandonati, gli anziani soli, i disabili e di tutti quelli che portano addosso la croce della “fragilità sociale”.

La speranza, una tra le tante che l’elezione di Vendola ha attivato, è quella che nella scelta degli assessori, almeno per il settore sociale, si superi l’approccio tipico della politica e si giunga ad un incarico affidato a chi le problematiche le conosce non solo “tecnicamente”, ma soprattutto da vicino e “umanamente”.

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